giovedì 8 febbraio 2007

Il digitale non esiste - aforismi (1-10)

1. Chiunque abbia viaggiato sa quanto sia difficile distinguere gli umani dai fantasmi.

2. Nelle università definiscono l’immagine digitale un’immagine ottenuta in assenza del referente. Cercano le parole per dire: un’immagine di fantasmi che sogna di vedersi realizzare (dagli umani).

3. Da analogico a digitale: ciò che comunemente viene concepito come passaggio e provenienza, è una sintesi ulteriore (e meno perfetta) di numeri e di spettri.

4. Anche i computer, quando vengono spediti nel nero vuoto dello spazio, temono i fantasmi. Hal 9000, un ciclope fra le stelle, letteralmente ne viene accecato.

5. Per fortuna, grazie a queste immagini che nascono dal nulla, non bisogna avere paura di non essere alla moda. Marker, in una lettera scritta al cineasta russo Medvedkin, annotava: “Ma, guarda cos’è successo ai dinosauri... i bambini li adorano”.

6. Viaggiare è insieme illusione e documento dell’esperienza. L’esperienza riguarda allo stesso modo degli stati interiori e l’instabilità temporale della materia esterna presente in natura. Secondo Bergson questo divenire è la durata, un progredire di istanti diversi e separati che in realtà forma un flusso continuo nel quale passato e presente si compenetrano. L’essere umano, per stare in questo flusso, compie dei falsi movimenti, vede solo a una certa velocità, in modo che il flusso stesso venga interrotto e sia possibile intuirne i singoli stati. Si tratta di una deformazione ottica analoga al fenomeno della persistenza retinica. Qualcosa in movimento, come la realtà, che tuttavia per ‘esserci’ ha bisogno di fermarsi su delle transizioni e farne degli oggetti parziali e discontinui, delle istantanee. Quindi viaggiare è sinonimo di sparire.

7. C’è un’altra complicazione. È noto che il digitale include una base analogica. Ciò che lo caratterizza non è tanto l’abbattimento del rapporto di causalità diretta fra il mezzo e il dato trasmesso - questo semmai è l’effetto primariamente visibile - ma il codice numerico - invisibile - di cui si compone la trasmissione: la cifra, il carattere, la parola.

8. Gibson non è solo l’inventore del cyberspace. Egli costringe il carattere della sua parola a sollecitare un tempo che sta fra un picco di brevità e uno di elasticità, esaminando l’inconscio collettivo più stringente dei nostri giorni: quella sensazione strisciante che tutto è sempre uguale e che tutto è appena mutato. Altrimenti definibile come l’adesso digitale.

9. Dick riannoda la cifra all’immagine, costringendo lo sguardo a sospendersi fra ora e ora, a scrutarsi in senso inverso. La parola scritta e l’immagine si infiltrano l’una nell’altra sospettandosi a vicenda. L’identità si divarica e gli schermi coincidono con la trasmissione. Anche a chiamarle interfacce, è del fantasma dell’immagine che si sta parlando.

10. “La riproduzione dell’illusione non è in un certo modo anche la sua correzione? Si può concludere dall’artificialità dei mezzi l’artificialità del risultato?” (G. Deleuze).

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